Nel 1726 Voltaire arriva in Inghilterra. Non è ancora il Voltaire che conosciamo: è convinto che la gloria gli deriverà dai poemi epici e dai versi d’occasione, sgomitando fra scrittori di corte ansiosi di compiacere nobili e sovrani. I due anni trascorsi a Londra e dintorni, tuttavia, trasformano la percezione che ha di sé e del mondo. Voltaire entra a contatto con un contesto culturale rivoluzionario, qual è quello di Locke, Newton, Bacon, Pope, Bolingbroke. Va a teatro ogni sera, studia la fisica e impara a essere un filosofo. Soprattutto, in Inghilterra scopre la libertà: quella dell’intellettuale, che rivendica il diritto a esprimere le proprie idee senza censure; quella del commerciante, che col proprio spirito d’impresa contribuisce alla ricchezza della nazione; quella del politico, che tramite la difesa delle proprie idee persegue un ideale di bene collettivo. A partire da queste Lettere, qui tradotte per la prima volta dall’inglese, lingua in cui sono state quasi interamente scritte, Voltaire si prodiga come nessun altro nell’affermazione su vasta scala di questo valore fondamentale per l’umanità. Due anni dopo rientra in patria, importando in Francia le idee che ha assorbito oltremanica: sarà l’inizio della formidabile avventura intellettuale che frutterà il Candido, il Trattato sulla tolleranza, il Dizionario filosofico. Diventando il più grande paladino della libertà, Voltaire non si limiterà a rivedere le proprie ambizioni; cambierà del tutto la storia d’Europa.